lunedì 17 luglio 2017

59. Antonia Arslan - La Masseria delle Allodole

Più riguardo a La masseria delle allodoleDopo un turco che racconta l'Italia, ho pensato di leggere il libro di una donna italiana che squarcia un velo sulle atrocità avvenute in Turchia durante la Prima Guerra Mondiale. "La Masseria delle Allodole" è un romanzo autobiografico di Antonia Arslan pubblicato nel 2004, che racconta il genocidio degli Armeni del 1915. Possiamo definire questo romanzo autobiografico nonostante la scrittrice non fosse nemmeno nata all'epoca, perché questa è la storia della famiglia Arslanian, delle sue origini, di suo nonno Yerwant che si salvò soltanto perché tanti anni prima aveva trovato una nuova casa in Italia, a Padova.

Quello del genocidio armeno è un tema molto discusso, poiché nonostante le testimonianze (poche, è vero, perché quando i sopravvissuti sono pochi è difficile trovare racconti di prima mano, e il regime ha agito con accuratezza nel tappare la bocca a coloro che mostrarono compassione per il popolo armeno all'indomani della guerra) e l'esistenza persino di fotografie rubate da coraggiosi giornalisti europei, il negazionismo è forte a livello storico e politico. La Turchia ha addirittura legiferato in tal senso e ad oggi è illegale utilizzare il termino "genocidio" in riferimento agli Armeni. Alcuni storici cavillano sulla definizione di genocidio e sulle intenzioni più o meno manifeste del governo turco dell'epoca. Tutto molto bello e sono certa di grande valore filologico, ma la realtà rimane la stessa: nel 1915, nel giro di pochi mesi, la popolazione armena residente in Turchia fu brutalmente attaccata. I maschi adulti furono eliminati subito, mentre le donne e i bambini furono costretti a mettersi in viaggio verso i confini dell'Impero Ottomano, soprattutto verso sud, dove si trova la Siria. Coloro che sopravvissero alla fatica e alle malattie, alle violenze e alle esecuzioni sommarie, alla fame e alla sete del viaggio attraverso il deserto, furono infine giustiziati e i loro corpi abbandonati. E' la storia di uno sterminio vero e proprio, che ha portato alla morte di migliaia, forse milioni di uomini, donne e bambini.
Non è chiaro il motivo per cui l'impero turco, nel bel mezzo di una guerra mondiale, si sia messo a massacrare parte della popolazione; ci sono molte teorie in merito, opinioni discordanti. Sicuramente gli Armeni erano cristiani in un territorio a maggioranza turca e quindi musulmana, che da qualche tempo covava il sogno di un grande stato nazionalista di cui gli Armeni non potevano essere parte integrante. Sicuramente la Turchia temeva rivoluzioni interne appoggiate dalla Russia, all'epoca avversaria in guerra, e gli Armeni avrebbero potuto essere la miccia di una guerra civile. Sicuramente tra gli Armeni c'erano famiglie ricche e rispettate, i cui beni furono incamerati dallo stato e ridistribuiti tra i cittadini turchi e curdi, con grande guadagno del governo. Sicuramente gli Armeni erano un bersaglio già noto all'Impero Ottomano, visti i precedenti dei massacri hamidiani, ma non l'unica spina nel fianco, visto che dopo di loro fu il turno di Assiri e Greci. Tutto questo e molto altro è stato negli anni valutato e documentato e si possono trovare molti articoli istruttivi sul web, ad esempio questo.
Forse chi si avvicina a questo romanzo ha l'idea di farsi una cultura proprio su questa tragedia storica e si aspetta di trovare dissertazioni sulle motivazioni storiche e le ricadute culturali e sociali dell'accaduto. Per questo credo che alcuni rimangano delusi, perché ad Antonia Arslan tutto questo interessa davvero poco. Ciò che conta, per l'autrice, è ricostruire la storia della propria famiglia così com'è, senza aggiungere lazzi e approfondimenti, senza renderla l'esperienza universale di un popolo, ma anzi focalizzando la narrazione solo ed esclusivamente su di loro, gli Arslanian.

Farò riferimento a qualche critica letta in giro per il web volta a questo libro.
C'è chi ha trovato lo stile dell'autrice povero, asettico, pieno di pecche stilistiche. A me lo stile narrativo di questo romanzo invece è piaciuto molto, l'ho trovato particolare ed evocativo nel suo essere asciutto, stringato. D'altronde non penso che una scrittura ampollosa o frizzante sarebbe stata adatta a raccontare una storia come questa. Mi spiace per coloro che hanno trovato questo libro noioso e pesante; per me l'esperienza è stata diametralmente opposta.
Un'altra critica rivolta all'autrice è la mancanza di suspense. La Arslan ha, come tratto caratteristico del suo narrare, l'abitudine ad anticipare ciò che accadrà, accennando con mezze parole alla fine di ciascun personaggio della storia. Per me questo è stato uno dei motori del romanzo: sapevo che sarebbe finito male (in verità, non tanto male, ma il lieto fine è un'altra cosa...), sapevo di dovermi aspettare morte e devastazione da un momento all'altro, l'autrice me l'aveva anticipato...ma ad ogni pagina che passava senza che la tragedia si compiesse la mia ansia cresceva. Leggevo con l'angoscia di sapere come e perché si sarebbe arrivati al peggio, ma con quel timore con cui si guarda un horror che fa paura, coprendosi il viso nelle scene più macabre. Ancora una volta potrei sbagliarmi, ma dubito che la scrittrice volesse creare un thriller o una storia di avventura carica di dramma e mistero. La verità, la vita, è quella che è e non ha bisogno di essere trasformata in un pappone adrenalinico.
E' importante, secondo me, che il lettore si disponga a leggere questo libro con in mente ben chiaro l'intento dell'autrice. Non credo che Primo Levi abbia scritto "Se questo è un uomo" con l'intento di intrattenere... Lo stesso vale per "La Masseria delle Allodole".

La storia inizia in un paesino non meglio definito della Turchia, nell'agosto del 1914. La famiglia Arslanian è una famiglia agiata e florida di Armeni, che si stringono attorno al patriarca Hamparzum, vecchio e ormai morente. Dopo la sua dipartita sarà Sempad, suo figlio, a prendere le redini della famiglia. Non è il primogenito, ma suo fratello maggiore Yerwant vive in Italia da quando aveva 13 anni: è un medico affermato, ha sposato un'italiana con cui ha creato una famiglia numerosa e non ha nessun motivo per tornare in patria. Attorno a Sempad si stringe la cerchia delle donne: la matrigna ormai anziana, le sorelle minori Azniv e Veron, la bella moglie Shushanig e i tanti figli. Vivono in pace con tutti, lavorando onestamente, e l'orgoglio di famiglia è una casa di campagna che Sempad non vede l'ora di rimettere in sesto, come una vera residenza moderna e occidentale: la Masseria delle Allodole.
Da quei giorni di fine estate inizia il conto alla rovescia che porterà alla distruzione della famiglia e alla morte della maggior parte dei suoi membri. Antonia Arslan segue le vicende di ciascuno dei personaggi senza mai approfondire troppo, scivolando costantemente dall'uno all'altro, cercando di donare così una visione d'insieme chiara ma mai troppo personalizzata. E' il calore della cerchia familiare e il dolore della separazione, che l'autrice vuole farci sentire, la perdita della casa e dell'amore, delle proprie radici. Potrebbe insistere su un solo personaggio, la bella Azniv ad esempio, giovane donna armena volitiva e indipendente, che non sa se la sua infatuazione per un soldato turco è vero amore. Tuttavia non lo fa, perché il fine ultimo non è l'empatia con una sola figura, ma con l'intero gruppo.
Nel corso del romanzo molti moriranno di morti orribili e violente. Non è un libro facile, da leggere per passare il tempo. E' un libro che scava, che lascia un segno e porta a riflettere. Però c'è speranza.
La speranza dei bambini che riusciranno ad arrivare in Italia e a sopravvivere. La speranza dell'aiuto inaspettato che viene dall'esterno, dai turchi che non riescono a nascondere la testa sotto la sabbia o che si pentono di averlo fatto, dai greci che sanno di avere i giorni contati, o semplicemente da chi ama i soldi più del sangue. E' un romanzo duro ma non disperato. In fondo Antonia è esistita e ha avuto la voce per raccontare il passato; di questa infusione di ottimismo per il futuro ne sentiamo tutti il bisogno.

Esiste un film tratto da questo libro, di produzione italiana, con lo stesso titolo. L'ho guardato appena finito il romanzo e, ahimè, non mi ha soddisfatto per nulla. E' difficile rendere sullo schermo una storia così dolorosa e il taglio cinematografico ne edulcora sempre qualche aspetto, rendendola meno incisiva, meno struggente. Mi dicono che tutta quella violenza non avrebbe funzionato in un film, che si trova soltanto in produzioni splatter horror. Peccato che la realtà in questo caso fosse proprio horror.
Esiste anche un seguito, intitolato "La strada di Smirne", che segue i protagonisti sopravvissuti durante la conclusione del lungo viaggio per la salvezza e racconta poi le stragi dell'incendio di Smirne del 1922, ad opera di Mustafa Kemal Atatürk. Non ce l'ho, non l'ho letto e non ne ho sentito parlare altrettanto bene, quindi non credo lo leggerò, ma sarò ben felice di sentirne qualche recensione.

Quando ho messo Italia e Turchia come Paesi di origine di questo romanzo mi sono sentita un po' in colpa. Per un po' mi sono chiesta se non avrei fatto meglio ad inserire Armenia al posto di Turchia. L'Armenia però qui non c'entra niente, perché gli efferati massacri di cui ci parla "La Masseria delle Allodole" sono avvenuti in territorio turco e fanno parte della storia di quel Paese, che a loro piaccia oppure no.
Questo romanzo andrebbe letto, non per le incredibili doti letterarie di Antonia Arslan né per passare qualche ora emozionante, ma perché la storia si ripete ancora e ancora, l'oggi è figlio di quel passato prossimo e certi avvenimenti non possono e non devono essere negati. Il genocidio armeno, la morte di più di un milione di persone, non va dimenticato, ma trasmesso, insegnato ai nostri figli, ricordato sui banchi di scuola tra le grandi tragedie del XX secolo. Leggiamo libri come questo, ogni tanto. Rimaniamo umani.

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