mercoledì 12 luglio 2017

58. Sei la mia vita - Ferzan Özpetek


E' solo quando riesci a mettere radici in un luogo che puoi davvero andare lontano. Perché sapere da dove vieni ti aiuta a tenere a mente chi sei, ovunque ti trovi.

Come definire questo libro? Un'autobiografia romanzata? Un romanzo con forti componenti di vita reale? E poi, possiamo davvero definire questo lungo monologo, questa narrazione in prima persona dedicata alle orecchie senza nome dell'amore dell'autore, un romanzo?

Ho comprato questo libro in seguito ad una recensione positiva trovata su Facebook. Sì, probabilmente non la fonte più affidabile del mondo, ma quale recensione lo è, dal momento che ognuno di noi ha gusti e necessità diverse? In verità quella recensione non ha fatto altro che accendere la mia curiosità: non avevo mai sentito parlare di questo libro e mi ha subito spinto a fare qualche indagine. Conoscevo Özpetek come regista, naturalmente, e sapevo che aveva pubblicato un primo libro, "Rosso Istanbul", da cui aveva poi tratto un film. Questo me l'ero perso.

Le prime righe della presentazione mi hanno convinto. Özpetek è abbastanza famoso anche per le proprie tematiche LGBT, che ha avuto il coraggio di esporre sul grande schermo italiano quando ancora l'Italia non sapeva nemmeno cosa fosse un Gay Pride, quasi. Questo libro, "Sei la mia vita", si riallaccia a queste tematiche. Niente di spinto né di erotico in senso stretto, anzi; l'autore è estremamente delicato nell'affrontare il tema dell'amore omosessuale e non, ma il protagonista ama un uomo, e questo è un dato di fatto. Uomo avvisato, mezzo salvato: chi non gradisce eviti di leggerlo, prego!

Come dicevo, non si può dire che questo libro sia un romanzo, perché tre quarti delle cose raccontate vengono dirette dirette dalla vita del regista, trasformandolo praticamente in un'autobiografia. E il quarto che avanza? Ecco, è quello che mi ha spiazzato. Perché in mezzo a tutta questa vita vissuta Özpetek ci ha infilato qualcosa che invece non c'entra niente, che è totalmente inventato e che conduce al finale del libro. Quindi come andrebbe considerato?
Questo libro mi ha destabilizzato davvero. Ho avuto un momento di crisi iniziale, quando mi sono resa conto che non stavo leggendo un romanzo, ma la vita dell'autore stesso. Ho dovuto reimpostare le mie antennine letterarie, perché leggere una storia vera, intima, non è come sognare o immergersi nell'inventato, nel frutto di una fantasia. E' più delicata, la realtà, ha diritto a un maggior rispetto e fa anche più male. Mi sono dunque avventurata nella vita del regista con occhi nuovi e ciò che ho visto mi è piaciuto, mi ha divertito, mi ha emozionato...finché non ho capito che il personaggio dell'uomo amato era inventato. Questo mi ha fatto un po' crollare il trasporto e la voglia di continuare a leggere.

Torniamo un attimo indietro, però, alla storia. Si comincia in medias res, con il protagonista e narratore, un regista di successo di origini turche ma ormai residente in modo stabile in Italia, alla guida di un'auto diretta chissà dove, tra le montagne. Al suo fianco il compagno amato, colui a cui è dedicato tutto il libro. E' per lui che il regista, mentre guida, racconta la storia della propria vita in Italia, per dirgli attraverso lunghe catene di ricordi più o meno legati alla loro storia d'amore "Tu sei la mia vita".
La scusa è un po' farlocca, si vede subito. Özpetek voleva narrarci a modo suo gli anni '70 e '80 a Roma, la comunità omosessuale dell'epoca, le esperienze e i cambiamenti, le piccole tragedie personali e le grandi soddisfazioni. Aveva bisogno di una scusa per farlo e sceglie questa modalità monologo/lettera aperta che a tratti è un po' pesante e forzata, ma lo stile agile dell'autore (dubito che il libro sia tutta farina del sacco di Özpetek, mi pare scriva troppo bene in italiano...) aiuta a dimenticare la cornice e a godere delle singole scene, come degli episodi di una fiction ambientata in via Ostiense a Roma.

Io non so molto di Özpetek e della sua vita, non mi sono mai interessata ai suoi gusti, alle sue fonti di ispirazione. Ciononostante chiunque legga questo libro non potrà più avere alcun dubbio: Özpetek scrive e racconta sempre e solo se stesso. Cambia i nomi, qualche situazione, rimescola gli avvenimenti, ma quella che ricrea con i suoi film è la storia della sua vita. Leggere la prima parte di "Sei la mia vita" è immergersi ne "Le fate ignoranti": si riconosce il condominio, il gasometro che contraddistingue il quartiere, la terrazza su cui pranzare la domenica e l'appartamento col soppalco. Ma sono tante le storie che l'autore ripercorre tra le pagine di questo libro e moltissime sono conosciute, familiari, perché Özpetek le ha già raccontate sullo schermo. Una delle critiche ricorrenti che ho visto fare a questo libro è proprio la banalità, l'effetto di trito e ritrito, la sensazione che Özpetek non abbia nulla di nuovo da dire e continui a mungere la stessa vacca. Non dico che non sia vero, ma a me ha fatto piacere riconoscere i posti e i personaggi che ho conosciuto sul piccolo e grande schermo nella narrazione, questa volta nella loro vera dimensione, cioè di persone e luoghi reali (?). Piuttosto si potrebbe dire che è banale nei film, visto che pesca a piene mani dal proprio vissuto, ma in un libro semi-autobiografico quella è semplicemente la verità...

E così torniamo al punto dolente: la storia d'amore con finale a sorpresa (che poi tanto a sorpresa non è...). Il libro, come dicevo, ha dal mio punto di vista un valore, perlomeno affettivo, se racconta l'esperienza vera di Özpetek. Tuttavia sappiamo per certo che la storia tra il protagonista e il partner non ha nulla a che fare con la realtà. Özpetek si è sposato l'anno scorso, dopo anni di convivenza col compagno Simone. Il finale del libro non si può raccontare, lo so, ma posso dire che non è un matrimonio segreto. Quindi come si dovrebbe interpretare questa intromissione fantastica? Che significato ha la successione di eventi che portano a quel finale? Perché con tutta la buona volontà non riesco a capire. Mi sembra piuttosto che Özpetek abbia scomodato un tema anche doloroso e faticoso per dare un'altra passata di smalto ad una storia che già aveva la consistenza di una caramellina di zucchero. Peraltro il modo in cui tratta il tema in questione è di una superficialità agghiacciante e rischia di smuovere nel lettore sensi di colpa e stuzzicare ferite ancora aperte, quando non se ne sente proprio la necessità.

Alla fine devo dire che il libro mi è abbastanza piaciuto: ben scritto, scorrevole, con uno stile elegante nella sua semplicità ed evocativo nelle descrizioni. Troppo dolce in alcuni passaggi, stucchevole, tanto che ho dovuto inframmezzarci un po' di letture gotiche per smorzare gli zuccheri, ma godibile. Tuttavia rimane il grande ma sul finale. Un libro che non rileggerò e che non mi sento di consigliare, a meno che non si amino le storie smielate.

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