domenica 18 settembre 2016

30. Kawabata Yasunari - Bellezza e tristezza

Più riguardo a Bellezza e tristezzaNon leggo molti premi Nobel. Non è una scelta, la mia; più semplicemente credo che molti dei vincitori non siano stati poi tanto pubblicizzati, non siano famosi quanto autori meno titolati ma scrittori di bestseller a iosa e che quindi sia più difficile, senza un'intenzionalità, incappare in una delle loro opere. Un vero peccato, visto che di recente, complice la mia ricerca di autori internazionali, ho spulciato l'elenco completo dal 1901 e ho scovato un paio di nomi che mi sembrano vere e proprie chicche. Meno male che ci pensa il gruppo di lettura a impormi letture un po' più elevate e di nicchia, almeno nel panorama letterario italiano. Questa volta è toccato a Kawabata.

Prima di tutto vorrei rassicurare chi si immagina un gruppo di lettura che non va in ferie manco d'estate. Il coacervo di menti anarchiche con cui mi accompagno fanno vacanza eccome; soltanto ci piace riempire il vuoto lasciato nei mesi estivi (in questo caso ben 2 mesi e mezzo!) con qualche compito, e approfittando del periodo più rilassato e di certo più lungo scegliamo ogni anno due romanzi, uno breve e uno un po' più mattone, perché ci tengano compagnia.
"Bellezza e tristezza" di Kawabata Yasunari è davvero corto, soltanto 171 pagine nella mia edizione economica Einaudi, ma è un libricino delizioso.

Pubblicato nel 1965, tre anni prima che l'autore si aggiudicasse il Nobel, primo giapponese a riuscire nell'impresa, questo romanzo ha un ritmo, una delicatezza e un'atmosfera tutta nipponica. Impossibile non innamorarsi dei luoghi descritti dall'autore, così come della storia e tradizione che trasudano dalle pagine. Il Giappone degli anni Sessanta è ancora in bilico tra passato e modernità, tra donne in kimono e apertura all'Occidente.
Dissento con tutta me stessa dall'affermazione dello sciagurato autore della quarta di copertina nella mia edizione, che definisce l'atmosfera della vicenda "grigia, crepuscolare e quasi rassegnata". Non lo è per niente, almeno a me ha dato un'impressione totalmente opposta. Anzi, grazie alle pennellate descrittive di Kawabata, puntuali ed evocative pur non essendo affatto pesanti nell'economia della narrazione, non ho potuto trattenermi dal ricercare su Google fotografie dei posti che i protagonisti visitavano. Mi hanno incantata. Foreste di bambù, fiumi contornati da aceri dalle foglie infuocate, colline verdi su cui sorgono templi antichi che conservano una tradizione millenaria e giardini di rocce e di muschio. I miei occhi si sono pasciuti a lungo delle bellezze del Sol Levante; dopo tanto tempo ho riconsiderato la possibilità di farci una vacanza, costi permettendo.

Non sorprende che si respiri un'aria tanto tradizionale quando la maggior parte delle vicende si svolgono a Kyoto, città che ha mantenuto il tocco e le atmosfere del passato, come congelata nel tempo. I protagonisti del romanzo sono pochi, uniti da profondi legami affettivi: Toshio Ōki, scrittore cinquantenne di successo diviso tra la propria routine e i ricordi della giovinezza, Otoko Ueno, pittrice tradizionale rimasta nubile per scelta a causa di un amore mai scordato, Keiko Sakami, giovane allieva di Otoko dalla personalità intensa e disturbata, a tratti ossessiva, Fumiko, moglie di Ōki, donna rancorosa e insicura ma caparbia, e infine Taichiro, figlio di Ōki e Fumiko, giovane professore universitario dal carattere remissivo soffocato dalla fama di suo padre ma innamorato dei propri studi classici. Le loro vite si incroceranno, in parte per la seconda volta, dando forma a un domino di eventi che li porterà a nuove prese di coscienza e alla fine della vita come l'avevano conosciuta fino a quel momento.

Credo sia naturale per un occidentale provare dei momenti di puro estraniamento nel leggere i dialoghi e i pensieri dei protagonisti. La mentalità giapponese ci è aliena da molti punti di vista e le dinamiche nei rapporti sociali, soprattutto tra uomo e donna, seguono convenzioni che a noi paiono folli se non ridicole. Eppure chi ha un po' di dimestichezza col Giappone ritroverà senz'altro il ritmo dei dialoghi brevi, essenziali e circolari e la lentezza meditativa caratteristica di questo Paese.
L'autore ha scelto peraltro quasi tutti protagonisti dal forte temperamento artistico, che più sono inclini a seguire le passioni e i movimenti dell'animo umano ma che soprattutto sanno leggere nella natura e nell'arte che li circonda messaggi profondi.

Una cosa quasi buffa che mi ha colpito è la somiglianza tra il comportamento delle donne giapponesi ritratte nel romanzo e lo stereotipo delle donne italiane del Sud, specialmente in riferimento allo stesso periodo storico: donne silenziose, legate alla casa e in qualche modo votate alla famiglia come unico mezzo di affermazione di sé, sottomesse per convenzione al marito ma, allo stesso tempo, inclini a sceneggiate isteriche e scoppi di passionalità quasi incontrollata.

Ci sono molti temi classici della letteratura giapponese, ma uno che mi ha colpito è la forte presenza della componente omosessuale nella storia. Non è la prima volta che mi imbatto in questa tematica in romanzi di autori giapponesi, anzi posso forse dire che è citata in quasi tutte le opere su cui ho messo le mani. Il che mi ha fatto pensare... Soprattutto perché avevo l'impressione che i giapponesi non vedessero proprio la cosa di buon occhio, ma potrei aver travisato drammaticamente.

Detto questo, non posso che consigliare la lettura di questo romanzo. Kawabata ha una forza narrativa incredibile e mi ha davvero irretita. Credo che comprerò anche qualche altra sua opera... E' scorrevole e godibile, ben strutturato e, nonostante i frequenti riferimenti alla cultura giapponese, tutto è spiegato in modo semplice e diretto, a portata di occidentale e senza nemmeno una noticina!
La lettura perfetta per chi vuole immergersi nel Giappone.

P.S.: In seguito alla prima riunione del gruppo di lettura, posso dire che ahimè, il libro agli altri non è piaciuto affatto. Non so, resto un po' dell'idea, ascoltati i commenti di tutti, che sia proprio la mentalità e la cultura giapponese a non essere stata capita e apprezzata. Mi spiace perché per me è stata invece una scoperta davvero affascinante. Che dire, de gustibus...

giovedì 8 settembre 2016

29. Philippa Pearce - Il giardino di mezzanotte

Più riguardo a Il giardino di mezzanotteI libri per bambini mi piacciono proprio, non c'è niente da fare. E' assurdo, perché quand'ero bambina, invece, non ne ho letti poi molti, lanciata com'ero verso la letteratura per i "più grandi". Ho iniziato a leggere libri per ragazzi a 8 anni, libri per adulti verso gli 11, e quelli per bambini li ho un po' ignorati.
Ed è un vero peccato.
Non che sia questa grande tragedia, dal momento che invece, ora, mi piace buttarmi su una di queste storie, di tanto in tanto. Spesso mi danno anche più soddisfazione di tante altre letture più seriose e pesanti... Chiaro che, non avendo più 8 anni, non potrò mai più vivere le emozioni e le sensazioni che quel romanzo mi avrebbe dato da bambina, ma le storie belle davvero hanno talmente tanti livelli di lettura, talmente tanti spunti che, a parer mio, sono godibili a qualunque età.

Tutto ciò per dire che un paio di settimane fa sono andata nella zona per bambini della libreria dove mi servo di solito, ho esplorato la sezione degli usati al 50% e ho scovato questo libro, "Il giardino di mezzanotte" di Philippa Pearce. Conoscevo già questa autrice ma solo per sentito dire, o meglio per aver letto il suo nome sulla copertina di un altro romanzo per ragazzi. La collana Gl'Istrici Salani mi piace, il titolo era accattivante e quindi è venuto a casa con me.
Avevo sbirciato la trama sulla quarta di copertina e mi era parsa semplice, nulla di nuovo e rivoluzionario, ma potenzialmente interessante. Temevo di prevederne già il finale, il colpo di scena che avrebbe rivelato il mistero del suddetto giardino, ma ho voluto mettere alla prova l'autrice. Esito del test: negativo.

La trama del romanzo è piuttosto classica, da un certo punto di vista. Un bambino di nome Tom è costretto a lasciare la propria casa per trasferirsi da alcuni parenti, che si offrono di ospitarlo per qualche tempo. Qui, alla ricerca di un intrattenimento che gli faccia dimenticare la nostalgia di casa, scopre un misterioso fenomeno: ogni notte a mezzanotte, quando la pendola dell'ingresso batte tredici rintocchi anziché dodici, sul retro della casa appare un meraviglioso ed enorme giardino. Tom inizia a recarvisi ogni notte per giocare ed esplorarlo, ed è così che conosce Hatty, una bambina poco più piccola di lui che pare l'unica in grado di vederlo.
La storia procede quindi con la descrizione delle loro avventure, mentre Tom cerca, insieme al lettore, di dare una risposta a due domande: qual è il legame tra la vecchia pendola e l'apparizione del giardino e chi è davvero Hatty? Si tratta di una magia? Il giardino esiste o è esistito davvero e, in quel caso, Hatty è forse un fantasma?

Come dicevo nulla di spettacolare, ma ci si possono trarre buone cose. Invece secondo me l'autrice ha buttato via un buono spunto in un racconto farraginoso e inconcludente. Mette forse troppa carne al fuoco e al momento di tirare le somme taglia un po' troppo, cercando una via d'uscita semplice ma, a mio avviso, poco incisiva.
C'erano secondo me diverse opzioni, diverse strade che poteva tentare, dalla più scontata alle più drammatiche. Invece una soluzione vera non c'è, una spiegazione non la otteniamo; anzi tutti gli indizi che mette in campo non fanno null'altro che complicare ancora di più le cose e rendere contorto lo svolgimento della storia.

Inoltre il libro avrebbe forse avuto bisogno di un minimo di editing legato al periodo storico in cui è stato scritto. Tom è un bambino della prima metà del XX secolo; a occhio lo posizionerei alla fine degli anni '40, massimo nel '52. Essendo stato pubblicato nel '58, il romanzo era abbastanza attuale all'epoca e l'idea di una interferenza temporale, se così possiamo chiamarla, interessante. Riletto al giorno d'oggi, però, con gli occhi di un bambino moderno, Tom è percepito come un alieno: gli usi e lo stile di vita descritto sono inconcepibili per un coetaneo del XXI secolo. Non potendo adattare la storia modernizzandola, forse aiuterebbe dare un riferimento temporale iniziale che renda chiaro al lettore l'ambientazione geografica e temporale. Soprattutto visto che la collocazione nel tempo è così importante per la trama!

Comunque sia sono rimasta un po' delusa da questa lettura, che nella biografia dell'autrice viene definita il suo miglior romanzo. Triste, ma non ne consiglierei la lettura. Non mi ha lasciato niente e, per quanto non possa dire che non mi sia piaciuto affatto, ci sono mille altri libri per bambini che meritano molto di più.
Forse dovrei parlare di un paio di questi, in futuro...