martedì 17 maggio 2016

12. Nagib Mahfuz - Karnak Café

Più riguardo a Karnak CaféL'Egitto, oggi, è sulle prime pagine di cronaca per fatti molto spiacevoli. E' un po' così, questo Paese, in bilico tra la magnificenza delle piramidi e le brutture dei colpi di stato e dei soprusi delle forze dell'ordine.
Io, in Egitto, non ci sono mai stata e non è nella mia top ten dei luoghi da visitare (ne avrei così tanti prima...), ma romanticamente non sono mai riuscita a scollare questa nazione dall'idea dei faraoni e dei templi colossali. Sarà che di storia moderna, di tutta quella parte poi che investe soprattutto il Maghreb, non mi sono mai interessata granché. Capisco, leggendo questo libro, che avrei dato una scrollatina alle mie idee un po' prima, forse.

Nagib Mahfuz è stato un eminente autore egiziano, e probabilmente è anche uno dei più grandi autori del mondo arabo contemporaneo. Ha lavorato come giornalista e sceneggiatore, oltre che come scrittore di romanzi e racconti, e nel 1988 ha vinto il premio Nobel per la Letteratura, primo tra tutti gli autori di lingua araba,
Nelle sue opere Mahfuz racconta il suo Egitto. Questo scrittore, nato nel 1911 e mai vissuto al di fuori del Cairo, città che amava e narrava nei suoi libri, ha vissuto in prima persona i grandi cambiamenti che, in questo secolo hanno interessato la nazione egiziana, almeno fino ai primi anni 2000 (è morto nel 2006). Io, come già detto, di questi anni so ben poco, la storia contemporanea è farraginosa e controversa già quando ci si concentra sull'Europa, di cui capisco abbastanza chiaramente interessi e cultura, figuriamoci quando si parla di uno Stato di cui so pochissimo.
Non che sia una scusa accettabile, eh. Anzi, uno dei poteri della letteratura è risvegliare la propria consapevolezza di essere limitati, ricordarci che non sappiamo, ma senza umiliarci, come invitandoci anzi a fare qualcosa per migliorarci tramite la lettura: "Sono qui per te, leggimi e impara qualcosa di nuovo."


In questo libro, "Karnak Café", che più che un romanzo è un racconto lungo, l'autore descrive l'Egitto del 1960, concentrandosi sui fermenti politici e sull'importanza che la rivoluzione del 1919 prima e il colpo di stato di Negib e Nasser poi nel 1952 ebbero sul popolo egiziano. Il periodo storico narrato si conclude alla fine degli anni '60, dopo la Guerra dei sei giorni contro Israele e il drammatico cambiamento che anche questo ha portato in tutti i Paesi di cultura araba.
La voce narrante è lui stesso, nei panni di un assiduo frequentatore del locale che dà il titolo all'opera. Ciononostante è chiaro fin dall'inizio come il vero fulcro dell'attenzione sia la scena politica e l'eterno confronto tra vecchi e giovani. Mahfuz sceglie di narrare questa realtà attraverso le confessioni di tre persone, che confidandosi con lui aprono scorci sugli avvenimenti che li circondano.
La prima è una ex ballerina di danza del ventre, ora proprietaria del locale "Karnak Café", una donna che vive di ricordi e di passione, ma quasi distaccata dalla società che la circonda; gli altri due, un uomo e una donna, sono due studenti universitari, come potevano esserlo quelli ritratti nella foto d'epoca qui sopra, due giovani innamorati che pagano a duro prezzo il loro impegno politico - o forse il solo fatto di essere giovani e ambiziosi in un mondo chiuso, corrotto e stagnante.

La lettura parte leggera, intrisa di sentimento e ricordo malinconico, ma presto la drammaticità della scena politica entra nella vita del café a causa della persecuzione politica operata dal regime nei confronti dei giovani. Sono ragazzi normali, che assomigliano molto ai coetanei europei di quegli anni, forse più di quanto si possa dire per la vecchia generazione. Studiano all'università, si innamorano e simpatizzano per un'idea politica più che per altre; tuttavia quest'ultimo fatto è un grave errore in Paesi stretti nelle spire di servizi segreti paranoici e violenti, che agiscono senza regole.
E' ciò che succede ai protagonisti: vengono arrestati e torturati, interrogati e tenuti in condizioni inumane per settimane, senza la possibilità di parlare con le famiglie, di consultare un avvocato, di far sapere all'esterno ciò che è successo loro e, cosa davvero spaventosa, senza sapere di cosa sono accusati.
Ha un sapore quasi kafkiano questo stato anonimo che strangola il cittadino innocente senza nemmeno che si sappia il perché. I ragazzi, com'è ovvio, escono da quest'esperienza portando dentro di sé i segni indelebili delle violenze subite. Qualcuno prova a reagire, qualcuno perde la via e la voglia di vivere, qualcuno tradisce se stesso e tutti i propri ideali. E' un finale amaro, duro, quello che ci presenta Mahfuz, una generazione di potenziali dirigenti del Paese bruciata, spezzata, profondamente ferita.

Avrei voluto leggere questo libricino in un momento meno drammatico per il mondo arabo, vorrei non aver mai sentito parlare prima di gruppi come i Fratelli Musulmani citati (come gruppi eversivi, nemici del governo allora in carica) nella storia. Vorrei essermi avvicinata alla drammatica realtà della polizia segreta e della crudeltà dei loro metodi senza aver mai sentito il nome Regeni. Purtroppo, invece, questi nomi li abbiamo sentiti fin troppo spesso negli ultimi tempi e constatiamo con sgomento che il male rappresentato da Mahfuz non si è acquietato, anzi. Sarà banale, ma non posso fare a meno di chiedermi quando questo Paese ritroverà un briciolo di pace.

2 commenti:

  1. E' un commento molto bello e intenso... viene sempre voglia di leggere i libri che proponi. Grazie

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