domenica 27 marzo 2016

Visioni Pasquali: Cavalleria Rusticana di Pietro Mascagni





E ridendo e scherzando è già arrivata Pasqua.
Sto leggendo parecchio, ma troppi libri contemporaneamente e nessuno giunge al termine, quindi non riuscirò a fare un commento decente ancora per qualche giorno.
Nel frattempo però ho pensato che sarebbe stato bello ricordare uno dei miei temi pasquali preferiti.

Certo, non è letteratura in senso stretto, ma l'opera a mio avviso ne è parente prossima. (E poi questa è tratta da Verga, che è pure uno dei miei scrittori preferiti, quindi...) Ho sempre amato la "Cavalleria Rusticana" di Mascagni e penso che ascoltarla/guardarla durante le vacanze pasquali dovrebbe essere tradizione quanto certi film che vengono trasmessi ogni anno in questo periodo.

In particolare oggi vorrei ricordare questa versione curata da Zeffirelli nel 1982 con Placido Domingo nei panni di Turiddu e Elena Obraztsova in quelli di Santuzza. Una rappresentazione assai affascinante perché recitata e rappresentata in un tipico paesello siciliano, Vizzini in provincia di Catania, completa di costumi tradizionali e sfilata pasquale. L'ho trovata incantevole dalla prima volta che mi è capitata sotto gli occhi e credo che una versione così, "cinematografica", sia accattivante anche per chi, dell'opera, non è proprio un patito come me.

Ci sarebbero mille commenti da fare su quest'opera, sulle tematiche rappresentate, sulla visione un po' stereotipata della Sicilia ma ricca di quelle barriere sociali e di genere che ancora oggi pesano tanto sulla mentalità italiana tutta. Tuttavia ci vorrebbero tante più parole di quelle che volevo inanellare oggi.
Spero soltanto che qualcuno possa apprezzare quest'opera quanto la amo io.

Buona Pasqua 2016!

domenica 20 marzo 2016

Comparative reading e il trauma della censura letteraria




Qualche tempo fa ho visto questo video che, guarda un po', parla di libri e di un approccio davvero particolare alla lettura.
Per i non anglofoni, procedo ad un rapido riassunto.

La donna del video, Lisa Bu, ha cercato per anni le risposte alle proprie domande di adolescente nei libri e, una volta arrivata negli Stati Uniti per ragioni di studio, si è data alla pazza gioia nutrendosi di tutta quella letteratura occidentale da noi tutti considerata popolare, ma che in Cina è vietata dalla censura: romanzi in cui si parli della Repubblica Cinese in modo negativo, ma anche testi religiosi come la Bibbia.
Ed è stato un po' per affrontare questo nuovo mondo in cui andava immergendosi nel modo più tecnico e scientifico possibile che ha pensato di applicare un approccio tipico della ricerca, cioè la comparazione dei testi, anche alla lettura.

Lisa lo chiama comparative reading ed è un modo di procedere molto semplice: quando si sceglie di leggere un testo ci si arma anche di un altro libro che può essergli affine, così da avere due punti di vista diversi sullo stesso avvenimento/periodo/personaggio storico.
Le fonti da comparare possono essere due amici o coevi che narrano in prima persona gli eventi a cui hanno preso parte, due biografie scritte in anni diversi da persone diverse, il punto di vista di chi vince e di chi perde in una guerra, o di diverse classi sociali, o ancora può semplicemente trattarsi della traduzione in una lingua straniera.
Questa secondo Lisa è una grande ricchezza: poter leggere un romanzo nella lingua originale e in traduzione rivela molte cose sia sulla propria lingua che sulla cultura che l'ha, in qualche modo, "digerita".

Quest'ultima idea mi ha colpito molto, un po' perché ho la fortuna di poter leggere senza problemi in due lingue e un po' perché facendolo, più per caso che per altro, mi sono accorta dello scempio che può essere una traduzione immessa sul mercato italiano di un romanzo straniero.

La prima esperienza che ho avuto in questo senso è stata uno shock terribile, perché riguardava un libro che avevo precedentemente letto in italiano e che avevo amato intensamente. Si tratta di "Ricordati di me" ("Remember me" in lingua originale) di Christopher Pike, autore di thriller e horror per ragazzi che negli anni '90 fu talmente prolifico da guadagnarsi una collana tutta sua in America.
Ebbene, il suddetto romanzo, una sorta di detective story con al centro della vicenda il fantasma di una ragazza uccisa, era stato pubblicato in Italia nella collana dei gialli junior Mondadori. Leggendolo all'età di circa dieci anni mi aveva colpito tantissimo e mi era rimasto nel cuore. Per questo qualche anno dopo, trovandone una copia in inglese sullo scaffale di una libreria britannica, non ho tentennato un secondo e l'ho subito comprato. Leggendolo, però, mi sono accorta che il romanzo, nella versione italiana, era stato epurato: tutto ciò che era anche solo vagamente un riferimento al sesso era stato cancellato dalla storia e sostituito da invenzioni belle e buone o semplicemente saltato. Si parla, in questo caso di qualche paragrafo qui e là, niente di vitale, sebbene questo concorra non poco nel modificare le relazioni tra personaggi e la descrizione dei caratteri e dei modi di fare.
Tutto bene, fino al finale: lì invece la storia era stata stravolta. Cercando di limitare gli spoiler, la scena culmine del libro, in cui il fantasma riesce a salvare un altro innocente dalle grinfie del proprio assassino, è basata su un tentato stupro e il movente stesso dell'omicidio è connesso al sesso. Nella versione italiana, a causa della censura, l'intero capitolo è stato riscritto di sana pianta.

Parlando con la mia amica Antonella, scrittrice e quindi più preparata in materia, ho scoperto che questo tipo di procedimento è perfettamente legale e anzi assai diffuso. Le case editrici comprano i testi originali e poi li tagliano, li serializzano, ne cancellano intere parti, sostituiscono dialoghi. Personalmente, per quanto questa cosa possa essere legale, ho sempre trovato che fosse uno stupro bello e buono alle intenzioni originali dell'autore e ai suoi diritti. Tuttavia la cosa che più mi fa arrabbiare è che questo mi ha portato a perdere fiducia in ciò che leggo.
Posso io davvero essere sicura che ciò che sto leggendo sia il messaggio così come l'aveva concepito l'autore? Sui testi a cui mi approccio è stata operata una semplice traduzione o una censura ad ok? In che modo queste scelte editoriali influenzano l'esperienza, le conoscenze e le coscienze del pubblico e chi è a decidere cosa debba essere censurato e cosa no?

Non metto in dubbio la possibilità di necessità editoriali che spingono a decisioni pratiche come dividere un lungo romanzo in una serie (il tomo spaventa di più il lettore non forte e poi da due o tre tomi si guadagna il doppio/triplo...), ma è davvero concepibile prendere un prodotto che non è stato scritto per un certo pubblico o con un certo fine e confezionarlo ad hoc stralciandolo e modificandolo finché più o meno non rientra nella scatola che gli si è voluta appioppare?
Per quanto cerchi di comprendere non riesco a farmene una ragione.

domenica 13 marzo 2016

Le avventure di Sally Lockhart - Philip Pullman

Più riguardo a Un rubino nel fumo Pullman è uno scrittore davvero davvero strano. Dopo aver letto la trilogia di "His dark materials" (in italiano "Queste oscure materie") e questa serie di thriller d'ambientazione vittoriana mi chiedo una volta di più chi avesse in mente come lettore ideale al momento della stesura. Perché, nonostante sia universalmente riconosciuto come uno dei più talentuosi scrittori per l'infanzia - o meglio ancora per il pubblico degli YA (Young Adults) - questi romanzi non hanno affatto le caratteristiche che, a mio avviso, ci si aspetterebbe di trovare in un prodotto a loro destinato.

In primo luogo credo sia giusto presentare un po' questa serie. Si articola in quattro romanzi, solo parzialmente autoconclusivi (cosa piuttosto frustrante, per chi come me pensava di leggere un singolo romanzo e passare ad altro...), legati dalla protagonista, Sally Lockhart, benché nell'ultimo questa faccia solo qualche comparsa. Il primo e l'ultimo libro sono ambientati a dieci anni di distanza l'uno dall'altro e in generale ogni romanzo si colloca due o tre anni dopo il precedente, dando modo all'autore di far sviluppare in modo consistente la vita e il carattere di Sally e delle persone che la circondano.
Si parte quindi da una fanciulla adolescente che ha trascorso l'infanzia in India e che poi si è trasferita col padre a Londra, dove le vicende hanno luogo, per arrivare a una giovane donna con una famiglia, un lavoro e un bagaglio di esperienze, belle e brutte, assolutamente incredibile.

Più riguardo a L'ombra nel nord
La forza di Pullman sta, di sicuro, nell'ambientazione. A mio parere eccelle nelle descrizioni e la sua Londra vittoriana (le vicende si svolgono tra gli anni '70 e '80 del 1800) è di una realtà palpabile. In verità mi sono più volte trovata a prendere in mano una cartina di Londra per andare alla ricerca delle vie, dei ponti e delle piazze che egli cita di continuo, con una precisione ammirevole. Reperire una mappa della Londra vittoriana è pure semplice, ce ne sono molte disponibili online (ad esempio qui).
Ad ogni modo l'abilità di Pullman mi ha permesso di addentrarmi tra le mura grigie dei caseggiati londinesi, nel fumo delle strade umide di pioggia, punteggiate di parchi verdi e imponenti magioni aristocratiche. Mi piace il modo in cui l'autore si sofferma sui particolari nelle sue descrizioni e non disdegna di dedicare parte della propria attenzione alle classi sociali più umili del periodo: primi tra tutti i bambini di strada, quelli sfruttati, malati e violati da una società adulta assolutamente irrispettosa dell'infanzia. Non è una Londra edulcorata, quale potremmo aspettarci in una serie rivolta ai più giovani, quanto una testimonianza realistica e a tratti carica di critica sociale di un periodo storico molto ben definito. Insomma, un novello Dickens, con tutto il rispetto.
Non solo: Pullman non si è limitato a documentarsi per questi libri dando poi per scontate le conoscenze di luoghi, costumi ed eventi storici; si premura invece di dare spiegazioni chiare e puntuali per ogni cosa narrata, cosicché le vicende sono chiare a tutti, qualsiasi sia il loro background. Affascinante, ad esempio, la descrizione dello sviluppo della fotografia.

Più riguardo a La tigre nel pozzoCiò che invece proprio non capisco di Pullman è perché scelga sempre protagonisti intollerabili. Sally, che è figura di primo piano nei primi tre libri mentre appare di sfuggita nel quarto, ha un carattere insopportabile. Personalmente l'ho trovata una ragazzina arrogante, indisponente e testarda, che tende a fare sempre di testa propria incurante delle conseguenze delle proprie azioni e che col passare del tempo si dimostra anche abbastanza ignorante del mondo che la circonda. Purtroppo un carattere del genere offusca quelle che potevano essere, e restano comunque, le enormi qualità positive che possiede: è una ragazza tenace, con un forte senso della giustizia e uno spirito indomito che non si arrende mai di fronte alle difficoltà; inoltre non ha paura di sporcarsi le mani e può ben dire di essersi guadagnata ogni cosa che riesce ad ottenere.
Il problema, secondo me, non è nemmeno Sally in sé, in quanto anche gli altri personaggi principali della serie sono quanto meno irritanti. Jim, che compare nel primo libro come un ragazzetto tuttofare al limite della delinquenza e che diventa nel quarto uno dei protagonisti assoluti, è poco più simpatico e anche l'altra ragazza cardine della storia, di cui non dirò il nome per non fare spoiler, si rivela davvero un'egocentrica intrattabile. Tutti sono descritti come belli, bellissimi, vincenti nella vita nonostante facciano un sacco di errori e partano svantaggiati. Tutti li amano, tutti vogliono aiutarli, tranne coloro che immediatamente si rivelano i cattivi di turno. Uomini e donne cadono innamorati ai loro piedi. Insomma, l'effetto Bella di Twilight, meglio conosciuto come effetto Mary Sue, è assicurato.
Pullman pare avere un debole per questo genere di personaggi. La Lyra di "Queste oscure materie" ha fondamentalmente le stesse caratteristiche. Temo che non per tutti i lettori funzioni.

Oltre all'ambientazione, di questi quattro romanzi mi hanno sorpreso positivamente le tematiche. Temi forti, controversi, a volte duri da digerire. Nel corso della serie Pullman si concentra di volta in volta su argomenti diversi.
Più riguardo a La principessa di lattaNel primo romanzo, "Un rubino nel fumo", spicca tra gli altri il problema della droga, a quell'epoca rappresentata dall'oppio, che pervade tutta la vicenda. La critica all'uso di droghe è forte e Pullman ne mette in mostra le conseguenze devastanti sulla vita delle persone che ci cascano e sulle loro famiglie. Fa capolino anche il triste problema dello sfruttamento dell'infanzia, che è rappresentato alla perfezione dal personaggio di Adelaide, bambina orfana che vive nell'indigenza, malnutrita e trattata alla stregua di una schiava dalla proprietaria di una pensione. Infine l'autore mette in luce il problema della criminalità organizzata, in particolare la mafia internazionale che allunga i propri tentacoli in un mondo assai più moderno e globalizzato di quanto ce l'aspetteremmo.
Il secondo libro della serie, "L'ombra nel Nord", sviluppa il tema della rivoluzione industriale e pone la difficile questione dell'utilizzo delle nuove tecnologie per l'industria bellica. Per il resto questo è uno dei romanzi più deboli della serie, con gran parte delle risorse narrative incanalate nella costruzione di una storia d'amore che fatica a reggersi in piedi.
"La tigre nel pozzo", che dal punto di vista della trama presenta buchi e una macchinosità estenuanti, si rivela invece il più ricco di spunti di riflessione dal punto di vista delle tematiche. E' anche il più maturo dei quattro, con una profonda riflessione sulla società capitalista vittoriana e la teoria politica socialista, che in quegli anni si diffonde in tutt'Europa. Il famoso compromesso vittoriano è qui perfettamente descritto e al lettore restano pochi dubbi su quale sia il pensiero politico dell'autore. Buona parte della storia analizza anche le difficoltà e i pregiudizi legati ad una maternità al di fuori del matrimonio, problematiche ahimè ancora esistenti. Inoltre tocca il delicatissimo problema storico dei pogrom, dell'odio antisemita e dell'immigrazione. In questo Pullman è assai attuale, perché le condizioni e le situazioni descritte nel libro non differiscono poi molto da quelle dei rifugiati che in questi anni a migliaia fuggono verso l'Europa. Insomma, questa non è la prima né sarà l'ultima immigrazione di massa che l'Europa ha vissuto e le criticità sono sempre le stesse. Mi hanno colpito molto alcuni passi. Ad esempio il modo in cui viene descritto il seguito di Fox, politico nazionalista che si oppone all'immigrazione degli ebrei: "Il pubblico sapeva bene cosa avrebbe sentito, ma a nessuno dispiace sentirsi confermare i propri pregiudizi" commenta un po' amaramente l'autore, mettendo poi in bocca a Fox l'eterno tema del sesso: "Castità! La purezza... il diritto di nascita di ogni ragazza inglese, l'inviolabile tempio della sua femminilità, il suo gioiello più sacro... violato! Fatto a pezzi! Profanato e corrotto da questi mostri bestiali schiavi della lussuria e di ogni tipo di nefandezza." "Non c'è niente di meglio del sesso per infiammare gli animi della gente," dice Pullman. "Funziona sempre."
Tutta questa critica sociale decade un po' con il quarto volume della serie, "La principessa di latta". Cambia anche il tono e l'atmosfera, perché da Londra ci si sposta in uno staterello sperduto (e inventato) incastonato tra Germania e Austria. Il tema fondamentale del romanzo è, più classicamente, la lotta della verità contro gli intrighi dei poteri occulti, sicuramente una tematica che non passa mai di moda e che è un po' il cardine di tutti e quattro i libri di questa serie ma che qui assume una retorica a tratti un po' noiosa.

Di fronte a tanta critica sociale e a temi così forti colpisce, almeno per la mia sensibilità, la dubbia moralità della protagonista. E' ancora una ragazzina e già spara come una professionista, si intende di armi e non esita neppure per un attimo a uccidere un uomo per salvarsi la vita. Niente di male forse in questo, se non fosse che la signorina pare proprio un'estimatrice delle armi da fuoco e per tutto il resto della serie non si fa mai mancare una pistola nella borsetta. Non solo, ma spara più volte con l'intenzione di uccidere, pure premeditatamente. Sarà che sono abbastanza contraria alla violenza e alla vendetta privata di questo tipo, ma che tipo di messaggio voleva racchiudere in questo Pullman?
E poi Sally beve spesso e volentieri, per non parlare della bella fumatina d'oppio che si fa in "Un rubino nel fumo". Queste sono alcune delle considerazioni che mi hanno fatto pensare che l'autore non avesse proprio bene in mente il proprio lettore nella stesura dei romanzi: a mio avviso troppo semplicistici per un pubblico adulto ma dalla morale fumosa, forse poco adatta ai più giovani.

Anche la trama presenta buchi considerevoli e leggerezze inconcepibili. L'autore ha il difetto di costruire sempre trame estremamente laboriose e intricate per poi concluderle in un manciata di pagine, spesso con colpi di scena poco credibili o un vero e proprio deus ex machina. Alcune scelte dei personaggi, sia buoni che cattivi, non hanno senso né al giorno d'oggi né tanto meno in epoca vittoriana, e il personaggio di Sally in primis mette duramente alla prova la sospensione dell'incredulità del lettore. Quale ventenne nubile inglese a fine Ottocento, già accusata di prostituzione perché lavora in proprio e vive in una casa con quattro uomini celibi a cui non è legata da vincoli di parentela, sarebbe felice di una gravidanza inaspettata (per la quale non ci sarà un padre)? Non funziona neanche un po'.

Insomma, tante belle potenzialità in questa serie ma una riuscita zoppicante, che non mi ha convinto. Giudizio abbastanza negativo, più per delusione delle aspettative che altro.

giovedì 3 marzo 2016

Perché un gruppo di lettura? (Una lettera d'amore)

Da alcuni anni faccio parte (bhè, sono stata cofondatrice) di un gruppo di lettura nella città in cui vivo. A volte mi dico che sono proprio fortunata, perché questa creaturina è ancora viva e vegeta e rende felice, oltre a me, un sacco di persone. La chiamo creatura perché, per quanto possa sembrare sciocco, io vivo questo gruppo come un'entità a sé stante, indipendente da me e che ha bioritmi e dinamiche che non sono la semplice somma di tutti i partecipanti, ma unici e caratteristici.
Tuttavia mi rendo conto che l'idea di "gruppo di lettura" ispira nella gente immediata angoscia e terrore, o per lo meno un profondo senso di noia.
Quindi oggi mi chiedo: perché entrare a far parte di un gruppo di lettura?

Di recente ho letto un articoletto su Facebook proprio su questo argomento. Cosa spinge le persone a entrare a far parte di un gruppo di lettura? Perché prendersi un impegno simile?
Ci sono mille motivi, credo, che possono spingere una persona a voler intraprendere un percorso simile. Io posso parlare per me e dire quali sono le ragioni per cui io, ogni mese, scelgo di far parte di un gruppo di lettura.

1. Leggere insieme mi fa sentire meno sola (e meno aliena)

Sono stata una bibliomane fin da quando ero una bimba. Complice mia madre, grande lettrice, ho iniziato a divorare un tomo dietro l'altro molto presto, e con la mia voracità cresceva esponenzialmente la smania di possedere libri (argomento, questo, su cui prima o poi farò un post a parte...). Ho scoperto solo di recente che queste due manie non sono indissolubilmente legate, ma che si può essere malati di lettura senza voler possedere una biblioteca.
Comunque sia sono cresciuta attorniata da libri e per anni ho creduto che tutti leggessero. E' stato un po' un trauma scoprire che invece, nella stragrande maggioranza dei casi, l'italiano medio è semianalfabeta. Fino a una certa età ho sempre considerato la lettura un passatempo molto privato e non mi è mai venuto in mente di chiedere alle mie amichette delle elementari se loro leggessero oppure no. Poi è venuto il liceo classico, dove il libro era sacro e il massimo della trasgressione era leggere sottobanco, mentre la professoressa spiegava filosofia, la "Justine" di De Sade.
Solo arrivata all'università ho iniziato ad accorgermi che il resto del mondo non viveva col naso tra le pagine di un libro. Le mie compagne non spendevano metà della propria paghetta in libreria, ma in borse, scarpe, prodotti di bellezza e serate in discoteca. Il primo giorno di università una ragazza, vedendomi leggere "The Witching Hour" di Anne Rice (non esattamente "Guerra e pace", dunque...), mi chiese se lo stessi leggendo in inglese e, alla mia risposta affermativa, se lo capissi. Io mi guardai attorno spaesata: mi ero iscritta alla facoltà di lingue o no?
Ebbene negli anni successivi l'ho capita, l'antifona, ma non me ne sono mai fatta davvero una ragione. Era strano per gli altri che io leggessi tanto (e io consideravo davvero pochi i libri che leggevo, perché sono molto lenta), ma era altrettanto strano per me che loro non ne leggessero manco uno. Ovviamente qualche amico si salvava dalla statistica schiacciante, se no mi sarei chiusa in casa.
Ebbene, incontrarsi con altre persone che, ogni mese, scelgono di leggere un libro per discuterne è stata una ventata di aria fresca. C'è altra gente come me al mondo! Non sono l'unica ad amare i libri!

2. Condividere una lettura mi permette di vedere ciò che sarebbe invisibile ai miei occhi

Leggere un libro è come partire per un viaggio che non sai bene dove ti porterà. Le vicende narrate, le emozioni dei protagonisti, le descrizioni dei luoghi si scontrano con le nostre esperienze, le nostre aspettative, l'umore del momento, e il mix che ne risulta è l'impressione che del libro ci rimane. Non credo che lo stesso libro possa fare lo stesso effetto a due persone diverse perché inevitabilmente ci saranno delle vibrazioni differenti, anche minime, che faranno apprezzare una cosa piuttosto che un'altra, un particolare piuttosto che un altro. Addirittura sostengo da tempo che lo stesso libro letto dalla stessa persona in momenti diversi della propria vita abbia un impatto totalmente differente.
In questi anni di gruppo di lettura ho letto qualche decina di romanzi e ogni singola volta sono rimasta incantata dalla varietà di commenti ed impressioni che ne ho tratto. Spesso ciò che io davo per chiaro o scontato non lo era affatto agli occhi di un altro o brani che io avevo detestato erano piaciuti tantissimo ad un'altra persona (e viceversa). Quante volte leggendo ci sorgono domande, dubbi, commenti critici? Il gruppo di lettura mi ha permesso di condividere queste domande ed ascoltare le risposte altrui. A volte questo ha rafforzato le mie opinioni, in altre occasioni mi sono trovata di fronte a una decisa opposizione, ma anche questo mi ha arricchito. E non c'è nulla di più bello, secondo me, di ascoltare i commenti di persone fortemente diverse da noi, perché in un testo vedranno cose che noi non c'eravamo nemmeno immaginati e trarranno conclusioni a cui non saremmo mai arrivati.
La diversità è fondamentale all'interno di un gruppo di lettura e proprio per questo ho sempre insistito perché il gruppo fosse sempre aperto a tutti. Ogni anno porto avanti una campagna pubblicitaria su Facebook per raccogliere nuove leve e sono felicissima delle persone che,col tempo, si sono unite al gruppo, perché l'hanno rinnovato e innovato, rendendolo sempre più interessante.

3. Al gruppo di lettura mi diverto di brutto

Forse questo l'avrei dovuto dire all'inizio. In effetti è una cosa che io do per scontata, ormai, ma che non lo è per nulla. Come dicevo prima, la maggior parte delle persone, di fronte all'idea di un gruppo di lettura, pensa a una riunione di persone tristi e un po' vecchie, tipo alcolisti anonimi, in cui si parla di cose noiose e si vomitano paroloni e citazioni colte che nessuno capisce (almeno per quanto riguarda la gente "normale").
Ebbene, il nostro gruppo di lettura non è così. A me piace definirlo un gruppo semi-anarchico con tendenze cazzeggiatrici, ma la realtà è che siamo un gruppo di persone piuttosto giovani, divertenti, alla mano e a tratti non troppo acculturate, a cui piace commentare di pancia e non solo di testa e romanzi che leggiamo e, se ci va, dissacrarli crudelmente. Nessuno si trascina fino alla riunione solo per sfoggiare la propria intelligenza o la propria cultura sconfinata. Quel tipo di lettura l'abbiamo già subita a scuola, spesso, e non ci ha mai fatto venir voglia di leggere. Noi diamo spazio alla libertà di pensiero e parola su ogni libro letto e lo trovo tanto più importante perché il nostro gruppo, per "carisma", legge solo classici. Ci fa piacere se qualcuno dei più colti cita qualche critico o fa paragoni con altra letteratura, ma ci teniamo che tutto sia chiaro, che tutti capiscano, perché le cose si possono sempre spiegare in modo semplice, se si vuole.
E poi ci sono i dolci, le patatine e i salatini, le bibite, la birra... E i giochi! Da un anno e mezzo apriamo ogni seduta con un quiz preparato in base al libro letto e l'iniziativa pare piacere quasi a tutti.
Insomma, al gruppo di lettura si ride tantissimo e ci si diverte davvero. Tutt'al più bisogna ricordare al gruppo di parlare del libro...ma quello è un altro tipo di problema!

4. Leggere per il gruppo di lettura mi stimola a leggere di più (e molte cose diverse)

Prima ho detto di aver sempre letto tanto. E' pur vero che, per un certo periodo, complice la "vita" attorno a me fatta di lavoro, impegni, studio, il mio tempo libero si è ridotto drammaticamente e ad oggi continua ad essere parecchio risicato. Di conseguenza mi sono trovata a trascurare i miei amati libri e a leggere davvero poco per i miei standard.
Il gruppo di lettura mi ha obbligato, se così si può dire, a sforzarmi di finire almeno un libro al mese. Senza scuse, anche nei periodi più affaccendati, do del mio meglio per portare a termine quel romanzo, così da poterne discutere con gli altri e apprezzare appieno la condivisione. Nei periodi meno caldi, una volta finito il libro in questione, posso sollazzarmi con altre letture. Forse leggere è un po' come andare in palestra; sta di fatto che ora sono pochi i mesi in cui leggo meno di due romanzi e spesso sono tre o addirittura quattro. Lavorando una cinquantina di ore abbondanti la settimana lo trovo un traguardo non male...
Inoltre non si può trascurare l'importanza di leggere cose diverse tra loro. Non sono mai stata molto avventurosa nelle mie letture perché ho sempre avuto l'impressione di essere troppo lenta, avendo troppi troppi libri che aspettano di essere letti, e la scelta del successivo mi causa tuttora un po' d'ansia. Quindi se dipendesse solo da me leggerei più o meno sempre gli stessi autori, generi simili, e sperimenterei molto poco.
Il gruppo di lettura negli anni mi ha obbligato a sfidare i miei limiti. Ho letto di tutto, da racconti e romanzi fantastici al giallo, dalla letteratura romantica a storie più morbose passando per il drammatico. Narrazione statica e dinamica, epistolare, libri che hanno appena compiuto 50 anni e altri che ne hanno 300 ma che ho trovato comunque attualissimi.
Ci sono argomenti che non mi hanno mai attirato e mi sono dovuta ricredere, generi che pensavo non mi sarebbero piaciuti e invece mi hanno catturata, vecchie letture che ricordavo come noiosissime e invece ho rivalutato alla grande; e poi ci sono i romanzi che mi aspettavo meravigliosi e che invece mi hanno deluso, le letture che non ho capito, che mi hanno lasciata interdetta o insoddisfatta. Nel bene o nel male, tuttavia, mi sento cresciuta, come se il gruppo di lettura mi avesse permesso di andare oltre me stessa, di espandere i miei limiti ma in modo controllato, protetto, un pochino alla volta e tutti insieme. Una sensazione davvero bella.

5. La felicità dei membri del gruppo mi rende felice

L'ultima ragione che tiene vivo in me il sacro fuoco del gruppo di lettura è la felicità che mi dà vedere gli altri membri contenti del tempo e dell'esperienza condivisa. Sono cresciuta in situazioni di gruppo e di condivisione, quindi per me questo tipo di attività è naturale e mi dà soddisfazione. Non lo do però così per scontato negli altri. Eppure finora quasi tutte le persone che si sono unite al gruppo ne hanno tratto soddisfazione, hanno trovato nuovi amici, si divertono e continuano a frequentare le riunioni con entusiasmo.
Cosa c'è di più bello per chi ha tanto voluto creare questo tipo di incontro del vedere la soddisfazione di chi ne fa parte e la viralità con cui si espande? Siamo partiti in pochi, eravamo scesi a 7 o 8 a riunione. Ora siamo una quindicina a riunione e abbiamo dovuto trovare un luogo più grande di un salotto per incontrarci, perché se ci presentassimo proprio tutti saremmo una ventina! Non sempre tutti leggono i romanzi, ma il piacere di ascoltare ciò che gli altri hanno da dire e di stare in compagnia sono più forti della pigrizia.

In conclusione, posso davvero dire che un gruppo di lettura cambia un po' il proprio modo di leggere. Se potessi, creerei altri 2 o 3 gruppi solo per avere situazioni diverse, romanzi diversi, stimoli diversi. E' un'esperienza davvero speciale e consiglio di cuore a tutti coloro che amano i libri (e anche a chi ne è un po' spaventato) di darsi una chance di entrare a far parte di un gruppo di lettura.
Se è come il mio non potrete più farne a meno!