mercoledì 10 febbraio 2016

4. Fahrenheit 451 - Ray Bradbury

Più riguardo a Fahrenheit 451Dal mio punto di vista questo libro non è una lettura, ma un'esperienza. Una delle più stranianti e inquietanti che mi siano mai capitate, personalmente: la sensazione di leggere un libro scritto più di cinquant'anni fa ma che descrive minuziosamente il nostro presente.

Fahrenheit 451 è un grande classico, uno di quei libri che alcuni professori di buona volontà danno da leggere ai propri studenti adolescenti, per lo più con scarso successo. Sì, perché come tutte le distopie geniali, descrive una realtà così terribile che la maggior parte dei lettori "casuali" tendono a negare l'evidenza. D'altronde la negazione della realtà e la soppressione dell'evento sgradito è proprio uno dei temi affrontati dall'autore: il genere umano è formidabile quando si tratta di nascondere la testa sotto la sabbia.

Questo romanzo è così ricco di spunti di riflessione e passaggi forti che risulta davvero difficile razionalizzarli un po'. Io, come insegnante oltre che amante della cultura, non posso non sentirmi fortemente presa in causa e allarmata nel riconoscere nella società in cui vivo tante somiglianze con quella malata descritta da Bradbury. Il passaggio più forte, a mio avviso, è sempre il discorso di Beatty, il capo dei vigili del fuoco. Nel descriverci la discesa nell'inferno in cui vive il protagonista ci racconta l'abbruttimento di una società che sceglie di autodistruggersi annullando in primis la cultura, perché portatrice di pensiero. Il pensiero fa male, perché impedisce il controllo. Controllo che va a bloccare prima di tutto le emozioni, nella ricerca di una vacua felicità inesistente e irraggiungibile fatta di oggetti e non persone. Montag, il protagonista, vive in un mondo emotivamente analfabeta, sterile nel senso più profondo del termine.

Rileggere questo romanzo ha sempre l'impatto di un pugno in pancia, perché mi ricorda che le cose non migliorano, perché mi fa pensare alle parole di chi ci governa e dice che gli studi umanistici sono una perdita di tempo e di soldi, che ci sarebbe bisogno di più ingegneri e meno letterati. Mi ricorda quanti ragazzi dagli occhi spenti ho incontrato negli ultimi anni e di come, pur di sentire qualcosa, queste creature ferite e svuotate sarebbero disposte a fare qualsiasi cosa, dall'assunzione di droghe alle scommesse più crudeli a spese della propria vita e di quella dei compagni.

La soluzione dell'autore è drastica, tragica. Una fine di morte e ricostruzione da zero, come la fenice (simbolo dei vigili del fuoco) dalle proprie ceneri. Eppure mi piace pensare che ancora non sia troppo tardi. Che si possa fare qualcosa per fermare, rallentare, se non invertire la rotta. Mi piace soffermarmi non tanto sui libri parlanti dell'ultimo capitolo quanto sulla famiglia di Clarisse, la ragazza che cambia la vita di Montag così drammaticamente con il suo solo esistere. Può spegnere la tv e parlare con i nostri cari, leggerci libri l'un l'altro e discuterne così come io sto facendo in questo momento, virtualmente, con chi mi leggerà, (e come ho fatto coi miei colleghi del gruppo di lettura, con cui ho condiviso questa esperienza) avere il coraggio di uscire ad ammirare il tramonto o la danza delle foglie che in autunno cambiano colore e ricoprono le strade... può tutto questo salvarci dall'abbandono della nostra umanità in virtù di una somiglianza alle macchine da noi inventate?

Non sono una persona ottimista, ma in questo caso, stranamente, faccio uno strappo alla regola. Sarà l'amore che ho per i miei libri, dei quali non so fare a meno... Forse semplicemente mi rifiuto di contemplare la possibilità di un universo in cui io e loro non coesistiamo. Fatto sta che io, ancora, ci spero. E lotto per loro.

Postilla curiosa: Da anni non mi faccio problemi a mostrare la mia avversione per gli e-book. A me piacciono i libri di carta, quelli che si possono toccare, annusare, sottolineare, quelli che si rovinano e ingialliscono, che prendono polvere e riempiono uno spazio. Non è solo una questione estetica, anche se certamente una componente di questo tipo c'è. No. E' anche sapere con certezza che questi testi esistono e sono altro rispetto a me, che saranno lì anche quando sarò più vecchia, che potrò condividerli con amici, allievi, figli, chiunque verrà dopo di me. Nulla diverrà obsolescente, non dovrò ricomprarli, convertirli, e non sarà un cortocircuito o una caduta, o ancora un crollo del cloud di Google, a togliermeli. A toglierli alla vita. Ogni volta che compro un libro è come se gli dessi la dignità di esistere per i posteri. So che è un po' borioso da parte mia, ma è un sentimento davvero inarrestabile.
Ebbene, mi ha divertito sapere che Bradbury, fino a pochi anni prima della propria morte, ha negato il permesso alla propria casa editrice di convertire questa opera in e-book. Mi pare anche ovvio e logico: il concetto di e-book è l'esatto contrario di ciò che l'autore racconta. Sì, è vero che il libro sopravvive anche senza il cartaceo, finché qualcuno lo ricorda, finché ne esiste una versione che potrà essere ristampata, ma che impatto ha sul mondo se non può essere scambiato, sfruttato, se non è fruibile ogni volta che lo si desidera? Alla fine, comunque, ha dovuto cedere anche lui. Buon Bradbury (che doveva avere un caratterino da paura...), chissà perché hai cambiato idea...

4 commenti:

  1. Il buon Bradbury me lo immagino come il classico vecchino terribile. Sempre, anche a vent'anni.
    Sul libro sai già che siamo sulla stessa lunghezza d'onda.
    Sull'e-book non so, lo apprezzo per la lettura di consumo. Spendo meno, leggo e se mi piace prendo il cartaceo. Ma io credo di essere la gioia di qualsiasi casa editrice, che non solo legge e compra, ma persino in doppio formato... Temo di essere condannata all'estinzione...

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    1. Tu sei la gioia di ogni casa editrice. Ti hanno fregato alla grandissima, diciamocelo...
      Ma in un certo senso ciò che tu ora fai con l'e-book non era una volta uno dei compiti primi delle biblioteche? Almeno, Elena me l'ha sempre venduta così: leggeva dalla biblioteca a tappeto, poi se un libro la appassionava particolarmente magari lo comprava anche.

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  2. Confermo! Le biblioteche sono uno spazio sacro che va preservato. I lettori bulimici e con pochi soldi come me possono abbuffarsi e poi magari trovare il libro di cui innamorarsi e andare a comprare.
    Grazie per questo post così appassionato, è un momento molto bello quando vedi un po' di speranza nel mondo.

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